Piazza Santi Apostoli, 81 – Roma – Municipio I
Installazione del 20 gennaio 2022
JULIA SÜSSMANN
Nata 9 dicembre 1910
Arrestata 16 ottobre del 1943
Deportata Auschwitz-Birkenau
Assassinata
WOLFGANG POLLAK
Nato 1 dicembre 1902
Arrestato 16 ottobre del 1943
Deportato Auschwitz-Birkenau
Assassinato
SUSANNA POLLAK
Nata 9 dicembre 1910
Arrestata 16 ottobre del 1943
Deportata Auschwitz-Birkenau
Assassinata
LUDWIG POLLAK
Nato 14 settembre 1868
Arrestato 16 ottobre del 1943
Deportato Auschwitz-Birkenau
Assassinato
Un ricordo della famiglia Pollak
Ludwig Pollak nacque, come terzo di quattro figli, il 14 settembre del 1868 nel centro storico di Praga, non distante dal Ghetto. Crebbe in una tradizionale famiglia ebraica, di lingua tedesca e di modeste condizioni. Suo padre, Abraham Pollak (1832–1913), come anche la famiglia della madre Karoline Schlosser (1836–1905), erano attivi nel mercato tessile. Durante gli studi scolastici presso il ginnasio statale tedesco, egli iniziò a interessarsi all’antichità classica rimanendo colpito, soprattutto, dalle lingue antiche del latino e del greco. Al contempo, crebbe in lui l’amore nei confronti della letteratura tedesca classica sviluppando, in particolar modo, una grande passione per Johann Wolfgang von Goethe.
Dopo aver superato l’esame di maturità, nel 1888 Pollak iniziò i suoi studi in Archeologia e Storia dell’Arte presso l’Università tedesca Karl-Ferdinand di Praga (Kaiserlich-Königliche deutsche Karl-Ferdinands-Universität) proseguendoli, poi, dal 1891 al 1893, presso il seminario archeologico-epigrafico dell’Università di Vienna. Qui, sotto Otto Benndorf, conseguì il dottorato di ricerca, presentando uno studio sui frammenti di antichi vasi greci. La possibilità di proseguire la desiderata carriera accademica universitaria, però, gli rimase preclusa. Non potendo neppure pubblicare la propria tesi di dottorato egli, viceversa, ottenne due sovvenzioni statali per viaggi di studio in Italia e in Grecia dopo i quali decise, nel febbraio 1895, di trasferirsi definitivamente, in qualità di ricercatore indipendente e mercante d’arte, a Roma. Con l’eccezione del periodo tra il 1915 e il 1919 quando, dopo l’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, dovette lasciare il paese a causa della sua nazionalità austriaca, Pollak che, successivamente, si fece chiamare anche Ludovicus Romanus, trascorse il resto della sua esistenza a Roma. Egli rimase, comunque, strettamente legato alla sua città natale e alle sue radici ebraiche: visitando con regolarità la sua famiglia a Praga, nel 1901 ebbe occasione di conoscere lì la sua prima moglie Margarete von Bronneck (1878–1915), che sposò l’anno successivo. Dal matrimonio nacquero i figli Wolfgang (*1902), Angelina (*4.11.1905) e Susanna (*1910).
A Roma, Pollak condusse le sue ricerche presso l’Istituto Germanico di Archeologia (Deutsches Archäologisches Institut (DAI)) che, all’epoca, era ancora sito sulla Rupe Tarpea potendo, dunque, essere in perenne e diretto contatto con le vestigia dell’antichità. Nei decenni successivi all’Unità di Italia, la giovane Capitale crebbe in maniera vertiginosa, antichi quartieri furono demoliti, nuovi ne furono edificati anche oltre ai confini delle mura aureliane tanto che, durante gli scavi dei cantieri, venne riportata alla luce una grande quantità di reperti – un vero paradiso per archeologi e collezionisti.
Per più di quarant’anni, Ludwig Pollak per il quale, come egli stesso usava dire, Roma rappresentava l’alpha e l’omega, fu strettamente legato, in accezione moderna, alle cerchie erudite e amanti dell’arte della città. Il suo profondo sapere filologico e la sua fine sensibilità di intenditore lo portarono a fare conoscenza, spesso stringendo amicizie, di numerosi mercanti, eruditi, artisti e collezionisti a Roma e all’estero. La sua qualità, quasi infallibile, di poter distinguere gli originali dai falsi, fece sì che i suoi interessi di studioso si intrecciassero con quelli di mercante d’arte. Egli coltivò stretti contatti con i musei di tutto il mondo procurando sculture antiche, tra gli altri, per il Kunsthistorisches Museum di Vienna, per il Liebieghaus di Francoforte, per la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, per il Kaiser-Friedrich-Museum di Berlino e per il Metropolitan Museum of Art di New York.
Accanto a tale attività, Pollak redasse cataloghi scientifici per eminenti collezionisti privati, tra cui l’ambasciatore russo Aleksandr Ivanovič Nelidov (1903), lo scultore tedesco Joseph Kopf (postumo, 1905), il barone e senatore Giovanni Barracco (1910), il conte russo Grigorij Stroganoff (postumo, 1912) e l’antiquario Alfredo Barsanti (1922). Dal 1898 fu membro corrispondente del DAI e, dal 1901, dell’Istituto Archeologico Austriaco (k.k. Österreichisches Archäologisches Institut) e della Società per la Scienza, Arte e Letteratura Tedesca di Boemia (Gesellschaft für deutsche Wissenschaft, Kunst und Literatur in Böhmen). Tramite Emanuel Loewy, professore di archeologia presso l’Università di Roma che, a causa della sua nazionalità austriaca dovette anch’egli abbandonare l’Italia durante gli anni della Prima Guerra Mondiale, Pollak conobbe, a Vienna, lo psicoanalista Sigmund Freud, cui riordinò la collezione di oggetti d’arte, rimanendogli legato da vincoli di amicizia negli anni successivi. Per lo studio della storia non solo delle personalità, istituzioni e opere citate, ma anche di molte altre, le memorie e i diari di Pollak, redatti nella scrittura antica tedesca (Kurrentschrift), rappresentano preziose fonti di riferimento.
Tra i suoi più grandi successi scientifici risale al 1898 l’identificazione, sulla base di una vecchia fotografia, della cosiddetta Fanciulla di Anzio quale originale ellenistico della seconda metà del III secolo a.C. (oggi al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo), mentre al 1906 la scoperta della cosiddetta Atena Stroganoff, una statua di marmo che, ritenuta un falso, era stata collocata – come egli era uso dire – “alla stregua di una Cenerentola”, accanto alla porta della cucina di Palazzo Stroganoff in via Sistina. Pollak la riconobbe, viceversa, come una copia romana (oggi presso il Liebieghaus di Francoforte) dell’Atena del celebre gruppo di Atena e Marsia di Mirone, descritto da Pausania sull’Acropoli.
La sua più spettacolare scoperta fu, sicuramente, il ritrovamento, nel 1903, di un braccio frammentario in una bottega di scalpellini presso la via delle Sette Sale. Egli, intuitivamente, lo identificò come il braccio destro del Laocoonte Vaticano sul quale, peraltro, si era mantenuta ancora una piccola porzione delle spire del serpente marino. Ciò rappresentò l’apice della carriera di profondo conoscitore di Pollak. Egli intese subito che il sito di ritrovamento del frammento, in un cantiere su via Labicana, fosse poco distante dal luogo, al di sopra della Domus Aurea dove, nel 1506, era stato dissotterrato il gruppo ellenistico del Laocoonte il cui braccio destro, all’epoca, risultava effettivamente mancante. Mentre, però, il braccio integrato nel XVI secolo era stato interpretato come steso verso l’alto, la versione originale che, da allora, è comunemente nota come braccio “Pollak”, si trova in posizione flessa in modo tale da modificare l’attitudine della figura del sacerdote troiano, votato alla morte, da un ergersi eroico a un frangersi doloroso. Pollak regalò il frammento ai Musei Vaticani presentandolo al grande pubblico, nel gennaio 1906, in occasione del quarto centenario dal ritrovamento del gruppo del Laocoonte, in un convegno presso il DAI. Il giorno dopo, in Italia e anche all’estero, fu estesamente riferito circa il completamento del Laocoonte. Da allora, il nome di Ludwig Pollak è diffusamente noto anche al di fuori dalle ristrette cerchie di archeologia. Dopo aver ricevuto, già nel 1903, il titolo di Consigliere Imperiale da parte dell’Imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria e, nel 1904, quello di Cavaliere di III classe dell’Ordine di San Stanislao da parte dello Zar Nicola II, Pollak fu nominato, come primo ebreo non convertito, Commendatore dell’Ordine pontificio di San Gregorio Magno da Papa Pio X.
Pollak intraprese regolarmente lunghi viaggi di studio e di commercio tra cui, nel 1900, uno in Oriente dove l’incontro con gli ebrei di Gerusalemme lo commosse profondamente. Egli dimostrò attenzione al movimento sionista partecipando, nel 1929, al congresso sionista e alla celebrazione dell’apertura della Jewish Agency di Zurigo. Un altro riflesso degli interessi per la cultura ebraica da parte di Pollak si manifestava nella sua ampia collezione Judaica di cui, purtroppo, è pervenuta solo la celebre Haggadah spagnola del XIV secolo: Pollak la donò al figlio del Rabbino capo di Roma ed è, oggi, conservata nella biblioteca del Jewish Theological Seminary di New York. Un altro àmbito di interesse collezionistico privato di Pollak era dedicato agli autografi di Johann Wolfgang von Goethe di cui egli riuscì a riunire ben 40 esemplari. Infine, egli possedeva una notevole collezione d’arte comprendente sculture antiche e post-antiche, dipinti e disegni, oltre a una ricca biblioteca.
Dopo la partenza forzata da Roma nell’estate del 1915, la famiglia venne colpita da un primo duro colpo del destino: il 14 settembre, nel giorno di compleanno di Pollak, la moglie Margarete morì, improvvisamente e inaspettatamente, per complicanze dovute ad un’operazione subita a Zurigo. Da allora, Pollak visse da solo con i suoi tre figli a Praga, Vienna e, dal 1919, nuovamente a Roma. Nel 1921 sposò, nella Sinagoga della città, la governante Julia Süssmann; successivamente anche la sorella di Julia, Margarete Nicod Süssmann († 1966), entrò a far parte del nucleo familiare.
Dal 1903, Pollak viveva a Roma nel Palazzo Bacchettoni, già Alberoni all’Angelo Custode, in via del Tritone 183, dove aveva allestito il suo studio in una grande sala affrescata da Giovanni Paolo Pannini. In questo appartamento nacquero le due figlie Angelina e Susanna. Nel 1927/1928, nell’àmbito dei lavori di allargamento di via del Tritone, l’intero isolato, però, fu demolito e questo evento gettò Pollak in uno stato di profondo sconforto. Nello stesso anno 1927, la famiglia si trasferì in un nuovo appartamento, posto al secondo piano di Palazzo Odescalchi presso Piazza Santi Apostoli 81, dove visse fino alla violenta deportazione del 1943.
Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, tramite una nuova consapevolezza delle funzioni pubbliche per la tutela dei beni artistici e la creazione di nuove leggi che rendevano più difficoltose le esportazioni di opere d’arte all’estero, la posizione lavorativa di Pollak in Italia cambiò radicalmente. Oltretutto, egli dovette affrontare le accuse di presunte attività illegali nell’àmbito del commercio di antichità, vedendosi pure confiscata la sua corrispondenza commerciale. Nel 1921 fu, addirittura, emesso un decreto di espulsione contro di lui che fu lasciato cadere solo grazie all’intercessione di una serie di personalità influenti, tra cui il Direttore Generale dei Musei Vaticani, Bartolomeo Nogara, che ne attestavano l’integrità.
Oltre a ciò, negli anni precedenti e durante il conflitto mondiale, molti dei più rilevanti e benestanti clienti di Pollak erano morti e il milieu colto, aristocratico e internazionale che aveva formato la fonte di reddito del giovane mercante d’arte, si era modificato fino a rappresentare un’archeologia più fortemente istituzionale, i cui protagonisti che la componevano non erano più amatori e collezionisti, bensì conservatori di monumenti e direttori di musei. Nel 1914 l’antico amico e sostenitore di Pollak, Giovanni Barracco, morì senza eredi all’età di 84 anni, lasciando alla città di Roma la sua ricca collezione di antichità il cui focus verteva sull’arte egizia e la cui formazione discendeva, in maniera sostanziale, dall’intervento di Pollak. Per il nuovo Museo di Scultura Antica a Corso Vittorio Emanuele II fu edificato, di fronte alla chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, un nuovo edificio nello stile di un tempio neoclassico per il quale, per volere di Barracco, era stato designato curatore Ludwig Pollak. Tuttavia, nel 1938, il museo dovette cedere il passo alle nuove pianificazioni urbanistiche di Mussolini e le opere d’arte furono sistemate nel deposito dei Musei Capitolini. Il Museo, dedicato a Barracco, vide la sua apertura nel Palazzo della Farnesina ai Baullari su Corso Vittorio Emanuele II, solo nel 1948.
Dopo il suo rientro a Roma nel 1919, Pollak ampliò le sue ricerche dall’àmbito archeologico alla storia dell’arte realizzando, inoltre, scritti di memorie e ricordi in onore di persone e temi che gli erano cari. Al contempo, era ancora attivo come antiquario, sebbene ora prevalentemente per oggetti artistici non antichi e di generi minori come medaglie, disegni stampe e libri rari. Frequentava regolarmente la Bibliotheca Hertziana che, nel 1913, era stata istituita, per volontà testamentaria dalla mecenate tedesca di fede ebraica Henriette Hertz, come biblioteca dedicata agli studi storico-artistici. Con quest’ultima e con il primo direttore della biblioteca, Ernst Steinmann, Pollak era unito da legami di amicizia.
Nel corso degli anni ’30 del Novecento, anche in Italia i sentimenti di antisemitismo si inasprirono tanto da sfociare, nel 1938, nelle “leggi per la difesa della razza”, dove venivano elencate una serie di leggi e disposizioni discriminanti con cui l’Italia fascista voleva imporre l’idea della pura razza italiana. Pollak e la sua famiglia vennero, via via, sempre più isolati socialmente e vissero nella crescente consapevolezza e angoscia dell’incipiente catastrofe politica. Il 30 gennaio 1933 egli annotava, con sconcerto, nel suo diario: “Hitler è divenuto cancelliere. Il successore di Bismarck! 44 anni e, prima di ora, uno zero. Segno dei tempi!“. Tre mesi dopo, il primo maggio, scrisse: “Siamo passati per via Gregoriana dove, con nostra somma meraviglia, abbiamo visto pendere, sopra all’ingresso della Bibliotheca Hertziana, accanto alla bandiera dell’Impero e a quella italiana, la bandiera con la croce uncinata! Sulla casa che la Signorina Hertz e la Signora Mond avevano donato alla Società Kaiser Wilhelm (Kaiser Wilhelmgesellschaft)! Ironia della storia mondiale! Che amarezza“ Ancora più amaro fu il fatto che proprio a lui, ormai sessantasettenne e, secondo le sue stesse dichiarazioni „il più antico e benvenuto frequentatore della Hertziana”, nell’aprile del 1935, pochi mesi dopo la morte di Ernst Steinmann, il neo direttore Leo Bruhns requisisse la tessera per l’uso della biblioteca. Al più tardi nel 1938, anno in cui il Ministero della Cultura Imperiale tedesco emanò l’ufficiale divieto di ingresso alle biblioteche da parte degli ebrei, egli non poté più accedere neanche al DAI.
Pollak aveva fatto in modo che i suoi figli ottenessero la cittadinanza italiana la quale, tuttavia, gli venne ritirata nel 1938 e nel 1939. Egli stesso, nel 1943, fu classificato come apolide dalla questura romana. Nei suoi ultimi anni di vita si vide spesso costretto a vendere porzioni della sua collezione d’arte. La sua abitazione divenne punto di incontro privato di studiosi emigrati di fede ebraica, tra cui Wolfgang Fritz Volbach, Richard Krautheimer con la moglie Trude, Karl Lehmann-Hartleben e Yvonne Hackenbroch.
I diari di Pollak degli anni tra il 1935 e il 1943 sono andati perduti. Di quegli anni si sono, tuttavia, mantenuti diversi manoscritti autografi e testimonianze dell’epoca. Sappiamo che le condizioni di salute di tutti i membri della famiglia non fossero buone. La figlia più grande, Angelina morì, presumibilmente nel 1942, a causa di una non meglio precisata malattia. Gli altri due figli non poterono mai dedicarsi ad alcuna attività professionale. Sua moglie Julia soffriva di diabete e aveva urgentemente bisogno di insulina, sostanza introvabile a Roma. Anche lo stesso Pollak era divenuto un uomo fragile che viveva, isolato e ritirato, nel Palazzo Odescalchi.
Durante il sabato nero del 16 ottobre 1943, Ludwig Pollak e la sua famiglia furono arrestati dai tedeschi e deportati, il 18 ottobre, assieme ad altre 1.018 persone, per la maggior parte ebrei italiani di Roma, ad Auschwitz-Birkenau. Gli sforzi, tentati ancora la notte precedente da parte dell’ambasciata tedesca e del Vaticano, di poterlo trarre in salvo, naufragarono: i motivi precisi di tale fallimento rimangono ignoti. Esistono rapporti che riferiscono come egli fosse fermamente deciso ad assumere su di sé il destino del proprio popolo, ma anche che egli non ritenesse possibile che a un uomo, nell’età avanzata di 75 anni, potesse accadere qualcosa di terribile. Ancora il 22 ottobre, il Direttore Generale dei Musei Vaticani, Bartolomeo Nogara, indirizzava all’ambasciata tedesca una lunga lettera in cui perorava la liberazione di Pollak e della sua famiglia – invano. Già il giorno successivo, il 23 ottobre 1943, il convoglio giungeva ad Auschwitz e si deve presumere che Ludwig, Julia, Wolfgang e Susanna venissero mandati immediatamente nella camera a gas.
Nel 1950 Margarethe Süssmann Nicod, cognata e unica erede di Pollak, donò il suo lascito alla città di Roma. Questo è, oggi, conservato nel Museo Barracco di cui Pollak fu curatore onorario per ben trent’anni. Tra i beni donati, si custodiscono 25 diari del periodo che spazia dal 1886 al 1934, undici album di schizzi, oltre 2.500 libri, circa 1.800 fotografie, circa 2.000 documenti scritti (tra cui i manoscritti delle sue memorie), la collezione degli autografi di Goethe e alcuni oggetti d’arte. In occasione del suo 150esimo compleanno, e ottant’anni dopo la proclamazione delle leggi razziali in Italia, tra il dicembre 2018 e il maggio 2019, nel Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco e nel Museo Ebraico, ebbe luogo la mostra Ludwig Pollak. Archeologo e mercante d’arte che, per la prima volta, presentava al grande pubblico la vita e la tragica sorte di questa emozionante personalità, prototipo dell’intellettuale cosmopolita e colto della Belle Époque. L’Istituto Italiano di Studi Germanici e il Museo Barracco volgono i propri sforzi, nell’àmbito del progetto di collaborazione La formazione di un intellettuale europeo: Ludwig Pollak, per la trascrizione, traduzione e pubblicazione dei suoi diari.
Dr. Tatjana Bartsch
Traduzione: Camilla Fiore PhD
Bibliografia su Ludwig Pollak
Gli autografi goethiani della raccolta Pollak, a cura di Claus Riessner, con un contributo di Vanda Perretta: Ludwig Pollak – uno “Swann romano”, Roma 1978 (Testi e materiali; 1)
Margarete Merkel Guldan, Die Tagebücher von Ludwig Pollak: Kennerschaft und Kunsthandel in Rom 1893–1934, Vienna 1988
Ludwig Pollak, Römische Memoiren: Künstler, Kunstliebhaber und Gelehrte 1893–1943, a cura di Margarete Merkel Guldan, Roma 1994
Jørgen Birkedal Hartmann, Le memorie romane di Ludovico Pollak, in: L’ urbe, N.S. 54, 1994, pp. 253–262
Elena Cagiano De Azevedo, Ludovico Pollak e il Museo Barracco. La donazione Nicod al Comune di Roma, in: Bollettino dei musei comunali di Roma, N.S. 15, 2001 (2002), pp. 117–132
Elena Cagiano De Azevedo, Fra commercio e istituzioni, la vita romana di Ludovico Pollak, in: Riflessioni sulla tutela. Temi, problemi, esperienze, a cura di Elena Cagiano de Azevedo e Roberto Geremia Nucci, Firenze 2010, pp. 41–62
Selma Jahnke, La formazione di un intellettuale europeo. Ludwig Pollak. Erschließung der frühen Tagebücher durch das Istituto Italiano di Studi Germanici – Perspektiven der Forschung, in: studi germanici 11, 2017, pp. 219–226
Ludwig Pollak. Archeologo e mercante d’arte. Praga 1868-Auschwitz 1943. Gli anni d’oro del collezionismo internazionale da Giovanni Barracco a Sigmund Freud, catalogo della mostra al Museo di Scultura Antica Giovanni Barraco e al Museo Ebraico di Roma, a cura di Orietta Rossini, Roma 2018
Michele Sarfatti, Il cielo sereno e l’ombra della Shoah. Otto stereotipi sulla persecuzione antiebraica nell’Italia fascista, Roma 2020
L’Ossessione per l’antico. Sigmund Freud e Ludwig Pollak tra ebraismo, archeologia, collezionismo, a cura di Roberta Ascarelli e Orietta Rossini, Roma 2021
Hans von Trotha, Pollak’s Arm, Berlino 2021 (romanzo)
Appendice
Archivio Storico Musei Vaticani, Carte Nogara, b. 1, fasc. 3, ff. 75–80 (citato dal Catalogo Mostra 2018, p. 225):
Minuta manoscritta e dattiloscritta di Bartolomeo Nogara:
“Il Comm. Dott. LODOVICO POLLAK, abitante in Piazza SS. Apostoli n° 88, sabato scorso 16 corr., insieme con la moglie e due figli, (N° 4 persone tutte di malferma salute) fu arrestato e deportato, si dice nel Collegio Militare, perché di razza giudaica.
Poiché la disposizione presa, d’ordine generale, può essere soggetta a revisione e quindi revocata, il sottoscritto fa domanda alle superiori autorità germaniche, perché una eccezione sia fatta a favore del Comm. Pollak e della sua famiglia. Si fa osservare che il Comm. Pollak, abitante a Roma da quasi cinquant’anni non ha mai fatto parte di fazioni politiche. Si è dedicato alla professione di antiquario nelle forme più corrette e decorose, coltivando le discipline archeologiche con vero successo. Il suo nome e la sua reputazione scientifica sono legate a pubblicazioni di pregio eccezionale, cosicché egli ebbe molti anni fa la nomina di socio ordinario dell’Istituto Archeologico Germanico. Egli ha mantenuto sempre buoni rapporti coi Direttore e coi Funzionari dei Museo dello Stato Italiano. Dei Musei vaticani si è reso benemerito acquistando a proprie spese e regalando due cimeli preziosi:
1°) un braccio che con tutta probabilità appartiene al famoso gruppo del Laocoonte e col quale tutto il gruppo fu ricomposto recentemente nel Museo dei Gessi della R. Università degli Studi;
2°) un tondo di vetro cimiteriale cristiano, che sottratto al Museo Sacro della Biblioteca Vaticana circa 70 anni fa, fu da lui scoperto, riconosciuto e restituito al Pontefice Pio X, che gli conferì nell’occasione la medaglia d’oro di benemerenza.
E’ naturale perciò che il sottoscritto, il quale è a conoscenza di questi fatti ed è legato al Pollak da più di quarant’anni di amichevole consuetudine, s’interessi al caso e proponga che egli con le tre persone della famiglia, vengano restituite alla loro casa.
Prof. Bartolomeo Nogara
22.X.1943”
Didascalie
Fritz Werner, Ritratto di Ludwig Pollak, 1925, olio su tela, Museo Barracco
Fritz Werner, Ritratto di Julia Pollak con il cane Daisy, 1925, olio su tela, Museo Barracco
Famiglia Pollak: da sinistra: Angelina, Julia, Wolfgang, Ludwig, Susanna, fotografia del 1921, Museo Barracco
Il gruppo del Laooconte nei Musei Vaticani, integrato con il cosiddetto braccio Pollak, Foto: Tatjana Bartsch